VERTIGINE

Vertigini

Caratteristiche, sintomi e terapia

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Il termine vertigine (dal latino vertere) indica una falsa sensazione di movimento (generalmente di tipo rotatorio, a volte traslatorio) che può essere riferita a noi stessi (vertigine soggettiva) o all'ambiente circostante (vertigine oggettiva).

La vertigine può essere sia di origine periferica (disturbi dell'orecchio interno) che centrale (disturbi del sistema nervoso centrale) e questo, ovviamente, implica strategie diagnostiche e terapeutiche del tutto diverse.

  • Tipologie di vertigini e relativi sintomi

    Di sintomi accusati possono essere estremamente variabili e possono andare da una vera e propria crisi vertiginosa a modeste sensazioni di instabilita' posturale ("dizziness").


    La sindrome vertiginosa, soprattutto se di origine periferica, è spesso associata a nausea (non di rado culminante in crisi di vomito) e a sudorazione profusa; altre volte la sindrome si accompagna ad emicrania e a sintomi cocleari ("fullness": senso di orecchio pieno; ipoacusia: sensazione di sentirci di meno; acufeni: percezione di fischi o ronzii nell'orecchio).


    La "dizziness" spesso e' accompagnata da senso di insicurezza o di disorientamento spaziale, da sbandamento laterale o dalla sensazione di "camminare sull'ovatta" o di "sprofondare nel vuoto", in altre parole, a mancanza di equilibrio.


    Come detto, la vertigine può essere espressione non solo di disturbi vestibolari ma anche di malattie extravestibolari di notevole importanza e pericolosita'.


    Un paziente che lamenta crisi ricorrenti di vertigine oggettiva di durata variabile da parecchi minuti ad alcune ore, associate a fullness, ipoacusia ed acufeni monolaterali molto probabilmente è affetto da Malattia di Meniere.


    Altre volte il paziente riferisce che la crisi vertiginosa è associata ad emicrania che può precedere, essere concomitante o seguire l'episodio vertiginoso stesso. Si parla allora di vertigine emicranica. Una forma particolare di vertigine emicranica è la vertigine parossisitica benigna dell'infanzia che può colpire bambini anche molto piccoli ed è spesso predittiva della comparsa di una patologia emicranica in età adulta.


    Altre volte il paziente può lamentare una grande crisi vertiginosa, accompagnata da nausea e vomito profuso, che lo costringe a letto per alcuni giorni. Tale sindrome, che permane anche se il soggetto non compie alcun movimento, è in genere legata ad una perdita improvvisa della funzione vestibolare e viene chiamata neurite o neuronite vestibolare. La neurite vestibolare può avere varie cause: infettive, vascolari, tossiche, dismetaboliche, degenerative, ecc. ed, in rari casi, puo' essere causata da lesioni a carico del sistema nervoso centrale, ad esempio un'emorragia cerebellare.


    La forma piu' comune di vertigine è la cosiddetta Vertigine Parossistica Posizionale. Tale sindrome è scatenata da movimenti del capo ed è caratterizzata da episodi di vertigine soggettiva/oggettiva di breve durata sempre associati a nausea e vomito. Nei periodi intercritici il paziente ha spesso la sensazione di "camminare sulla gomma piuma" o di avere "testa vuota" e pesante".


    La forma più insidiosa di vertigine, in quanto più difficile da diagnosticare, è quella legata all'insorgenza del neurinoma dell'VIII nervo cranico. Si tratta di un tumore benigno che, determinando inspessimento della guaina mielinica delle fibre nervose, produce dapprima effetti irritativi e poi compressivi sulle strutture circostanti. Questa forma, se non diagnosticata in tempo utile, può determinare danni irreparabili al sistema nervoso del soggetto.

  • Linee generali di terapia

    Non disponiamo di terapie farmacologiche specifiche per il trattamento delle diverse sindromi vertiginose ma molti farmaci si sono rivelati efficaci nel sopprimere o prevenire le crisi recidivanti o attenuare gli episodi acuti. L'elenco è lungo e non vale la pena di soffermarsi. Particolare menzione merita l'uso dei cerotti transdermici alla scopolamina (TRANSCOP), da applicare dietro l'orecchio, comunemente impiegati nel trattamento delle chinetosi (mal di mare, mal d'auto ecc), che si sono rivelati utili nel trattamento di alcune situazioni cliniche non gestibili altrimenti.


    È necessario tener presente che i farmaci che agiscono sopprimendo gli impulsi vestibolari ritardano lo sviluppo del compenso vestibolare e del recupero spontaneo. Altri farmaci invece agiscono facilitando questo meccanismo.


    Dei vari trattamenti proponibili per la Malattia di Meniere si segnala l'importanza del protocollo dietologico, in grado di risolvere la sindrome vertiginosa nell'80% dei casi trattati che seguano scupolosamente la terapia, che pur essendo molto meno rigida dei trattamenti finora noti, mira ad ottenere, spesso senza l'ausilio di farmaci, una fisiologica riduzione dell'idrope endolinfatico (l'aumento di pressione dei liquidi dell'orecchio interno che è alla base della patologia) e la regolazione del metabolismo idro-salino. Obiettivo specifico della terapia è la prevenzione delle crisi vertiginose e delle fluttuazioni uditive connesse all'idrope mentre non abbiamo ancora una valida soluzione per l'ipoacusia neurosensoriale irreversibile delle forme inveterate.


    Le forme di vertigine labirintica recidivante refrattarie ad ogni trattamento medico possono comunque essere risolte in modo definitivo mediante interventi che mirano ad eliminare le afferenze dal labirinto malato al sistema nervoso centrale. L'intervento d'elezione è in questo caso la neurectomia vestibolare selettiva, ovvero la sezione del nervo vestibolare mediante approccio otoneurochirurgico, preservando, quando questa non sia già totalmente compromessa dalla patologia stessa (ad esempio in alcune forme di Malattia di Meniere), la funzione uditiva. Se la funzione uditiva residua è scarsa o nulla preferiamo invece eseguire l'intervento di labirintectomia, ovvero la distruzione chirurgica dell'orecchio interno, senza necessità di intervenire a livello endocranico.


    In tempi recenti è ritornata in auge la vecchia metodica terapeutica che prevede la distruzione "chimica" del labirinto mediante l'impiego di farmaci vestibolo-tossici (gentamicina) iniettati nell'orecchio medio in varie sedute in sostituzione dell'intervento di neurectomia. Non consigliamo al momento tale metodica, se non nei casi altrimenti intrattabili, poiché' abbiamo visto numerosi pazienti nei quali la gentamicina ha ottenuto solo una deafferentazione parziale aggiungendo alla presenza di crisi vertiginose (seppur di intensità ridotta) una instabilità intercritica, poco suscettibile di compenso centrale, dovuta al deficit labirintico incompleto.


La riabilitazione vestibolare

Tutte le sindromi vertiginose si giovano della terapia fisica.
La riabilitazione vestibolare rappresenta la più valida metodica terapeutica per il trattamento della maggior parte delle sindromi caratterizzate da vertigine posizionale (in particolare la cupololitiasi o canalolitiasi) e trova applicazione anche in tutte le forme di vertigine soggettiva o di instabilità posturale nonché' negli esiti di danno labirintico monolaterale o bilaterale acuto (erroneamente tutti definiti "labirintite") per facilitare l'insorgenza del compenso vestibolare.


Quindi la riabilitazione vestibolare prevede:

  • una riabilitazione nel paziente vertiginoso acuto;
  • una riabilitazione mediante manovre liberatorie nelle vertigini parossistiche posizionali;
  • una rieducazione vestibolare nei pazienti con difficoltà di compenso spontaneo in caso di vestibolopatia periferica cronicizzata;
  • una rieducazione tesa a riprogrammare la funzione dell'equilibrio nelle patologie del sistema nervoso centrale.

 La terapia rieducativa prevede 4 fasi fondamentali:

  • 1) Selezione dei pazienti

    La selezione dei pazienti avviene in base alla suddivisione tra patologie acute e croniche, vertigini parossistiche posizionali e vertigini secondarie a patologie del sistema nervoso.

  • 2) Programmazione dei protocolli

    I diversi protocolli riabilitativi vengono programmati a seconda della patologia che ha originato il disordine dell'equilibrio e quindi le varie tecniche si suddividono in:

    • tecniche mirate ad indurre l'abitudine allo stato patologico (ad esempio: ripetere più volte movimenti del capo in grado di evocare vertigini)
    • tecniche mirate ad indurre un contrasto sensoriale (ad esempio: porre il paziente su di una piattaforma oscillante in funzione del proprio peso e dei propri movimenti mentre una stimolazione otticocinetica a tutto campo crea informazioni visive in contrasto con quelle propriocettive e vestibolari)
    • tecniche mirate a favorire una sostituzione sensoriale (ad esempio: in un paziente con polineuropatia sensitivo-motoria degli arti inferiori cercare di potenziare la funzione di controllo vestibolo-spinale o in paziente con vestibolopatia periferica cercare di favorire il compenso attraverso il potenziamento delle capacità di utilizzo delle afferenze propriocettive rispetto a quelle visive) o un transfer (ad esempio: utilizzare stimolazioni otticocinetiche per migliorare un deficit dei riflessi vestibolo-oculomotori).

    In genere si utilizzano menù integrati di tecniche con diverso meccanismo d'azione.


  • 3) Effettuazione degli esercizi

    La terapia rieducativa va iniziata il più precocemente possibile in tutti i casi.

    Prima di procedere all'attuazione dei protocolli definitivi è comunque buona norma risolvere le eventuali situazioni osteo-artro-muscolari suscettibili di terapia fisica, soprattutto per consentire la riprogrammazione partendo dalle migliori condizioni di base possibili.


    La necessità di iniziare precocemente la terapia rieducativa implica che essa dovrebbe essere intrapresa durante il ricovero in ospedale, ma per motivi organizzativi, di degenza e di personale generalmente la riabilitazione inizia a domicilio che è comunque la sede ideale per le conseguenti condizioni psicologiche favorevoli.

    Le sedute periodiche ambulatoriali hanno soprattutto la funzione di controllo e di modifica eventuale del protocollo e rappresentano il momento ideale per consentire al paziente di proporre i suoi problemi.

    Nei casi più ribelli possono venir intrapresi uno o più cicli settimanali di terapia rieducativa strumentale presso centri adeguatamente dotati delle sofisticate tecnologie computerizzate necessarie.


    Per motivi organizzativi si effettuano abitualmente cicli rieducativi di durata standard, ripetibili in base alle necessità del singolo paziente, e scadenze prefissate per i controlli.

    Gli esercizi vanno proseguiti, eventualmente modificati o integrati in base alle esigenze, sino ad uno stato di soddisfazione sia del paziente che del medico.

    Nel caso della terapia strumentale i cicli prevedono in genere 30 minuti giornalieri di esercizi per almeno una settimana. La limitata durata delle sedute è legata al fatto che occorre che il paziente riesca a mantenere per tutto il tempo l'indispensabile buon livello di concentrazione.


  • 4) Monitoraggio dei risultati

    La valutazione dei risultati deve essere affidata alla ripetizione periodica dei test già utilizzati per il bilancio funzionale e alla compilazione di tabelle di riferimento con scala numerica di valutazione soggettiva ed oggettiva delle funzioni rieducate.

    Molto utili sono anche i questionari anamnestici dedicati alla quantificazione del grado di handicap nella vita quotidiana.

    Questo tipo di monitoraggio ha fra l'altro il vantaggio di consentire al paziente di rendersi meglio conto dei progressi ottenuti durante la terapia.

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